Pulizie di primavera

Pulizie di primavera

È primavera. Ho voglia di aprire le finestre, di fare entrare il sole e l’aria in casa. In Italia In marzo e in aprile tutte le donne fanno “le pulizie di fondo” o “pulizie di primavera”. Che cosa significa? Significa pulire ogni stanza molto bene, pulire specialmente tutti quei posti che durante l’anno non vengono mai toccati, raggiungere gli angoli nascosti dove non si guarda mai, lucidare i mobili, lavare le tende, aprire scatole impolverate.

E allora eccomi pronta! Secchio, guanti di gomma, panni, spugne, aspirapolvere. Comincio quasi sempre dalle camere da letto. Prima aspiro la polvere sopra gli armadi ed è sempre difficile perché sono alti. Poi tolgo le ragnatele dal soffitto di legno. Infine, vado sotto il letto dove la polvere si accumula facilmente. Se ho voglia, aspiro anche il materasso del letto. Poi controllo i cassetti, faccio ordine, butto via capi di abbigliamento vecchi e rivedo il guardaroba per la primavera e per l’estate. Uso acqua e poco detersivo al limone per pulire i mobili e i soprammobili, così dopo la stanza profuma di fresco. Lavare le tende è un po’ impegnativo, devo smontare i pali, mettere in lavatrice e poi stirare.

 

I miei bagni non hanno quasi mai bisogno di pulizie di fondo perché mi piace tenere i bagni igienizzati ogni settimana.

In cucina il lavoro è un po’ più lungo, perché ho molti articoli decorativi, come scatole di latta, pentole di rame, vasi e bottiglie. Devo togliere questi oggetti dalle pareti o dai mobili e devo lavare ogni pezzo. Già, è un lavoraccio! Ma lo faccio una volta all’anno solamente.

In salotto la grande pulizia di fondo è nella libreria. Avete mai osservato quanta polvere c’è sopra i libri? Incredibile! Allora sposto tutti i libri dalle mensole e con l’aspirapolvere passo ogni singolo pezzo. La grande difficoltà è che la mia libreria è alta più di tre metri. Come faccio ad arrivare in cima? Ogni anno mi chiedo: “Ma vale la pena fare questo lavoro?”. Rispondo di sì perché mi piace avere una casa pulita.

 

Quando mi sono trasferita in Austria ho imparato che anche le donne austriache fanno le “Osterputz”, cioè le pulizie di Pasqua. Nelle settimane precedenti a Pasqua tutte corrono e sono indaffarate a lavare i vetri delle finestre, lavare i pavimenti, aspirare la polvere, riordinare. Tutto deve essere lindo per la riunione familiare di Pasqua.

Non provo nessuno stress quando faccio questi lavori casalinghi annuali, perché mi prendo il tempo necessario. È come un momento di riflessione: fermarsi, ripulire, riordinare, buttare via. La nostra mente ha bisogno di questo per essere più leggera e fare spazio a nuove idee. Ogni grande “pulizia” mi fa sentire rinnovata e felice.

Fate anche voi le “Osterputz”? È uno stress o lo fate con piacere? Attendo i vostri pensieri di casalinghe o casalinghi.

 

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Perché Sanremo é Sanremo

Perché Sanremo é Sanremo

Lo dico ogni anno: ”Sabrina, quest’anno non guardi Sanremo”. E poi…per quattro serate resto sdraiata sul divano fino a mezzanotte a guardare il Festival di Sanremo, con gli occhi che si chiudono per la stanchezza.

Dicono che pochi stranieri conoscono questo Festival della canzone italiana, ma per noi italiani è un appuntamento fisso in febbraio. La prima edizione è stata nel 1951 e, da allora, per molti cantanti è stata un trampolino di lancio per diventare famosi. Il Festival è un concorso che ospita compositori e interpreti di musica leggera; le canzoni in gara devono essere nuove e inedite. C’è una giuria composta da addetti ai lavori e dal pubblico che, dopo ogni serata, vota la canzone migliore. Alla fine della manifestazione esce un vincitore. Per esempio, nel 1958 Domenico Modugno ha vinto con “Nel blu dipinto di blu”.

Questa trasmissione non è particolarmente interessante, anzi molto spesso è lunga e noiosa. Nonostante ció, molti milioni di italiani (tra cui io) restano incollati al video per commentare le canzoni, giudicare i vestiti dei cantanti, assistere all’esibizione di ospiti nazionali e internazionali. Ecco, proprio questo è il motivo per cui noi guardiamo Sanremo: ci piace “fare pettegolezzi”, criticare o lodare, analizzare tutto e tutti. Il Festival è spesso definito “popolare”: non ci sono grandi contenuti culturali, c’è solo leggerezza e musica melodica da ascoltare. E ogni anno, a febbraio, tutto il popolo si riunisce attorno a questa trasmissione e ne parla.

Quando ero bambina o ragazza, ho sempre guardato il Festival con la mia famiglia. Ora lo guardo con mio marito e naturalmente ci scambiamo opinioni sulle canzoni, sugli artisti, sulle vallette e sul conduttore. È un modo leggero di passare la serata e addormentarsi sul divano. Faccio fatica a staccarmi da questa tradizione che mi rende una vera italiana.

 

Al di lá dello show televisivo, Sanremo ci lascia molte bellissime canzoni. Molte di queste sono cantate e ricordate per anni. Cito Adriano Celentano con “24mila baci”, Caterina Caselli con “Nessuno mi puó giudicare”, Lucio Dalla con “4/3/1943”, Al Bano e Romina Power con “Felicitá”. E ce ne sono tantissimi altri che non posso scrivere per questioni di spazio.

Quest’anno sono rimasta soddisfatta perché tutte e tre le canzoni finaliste sono meravigliose. Vi metto i link sotto per ascoltarle. Mahmood e Blanko hanno una canzone che entra nel cuore. La canzone di Elisa è veramente intensa e quella di Gianni Morandi è piena di ritmo. Naturalmente perché l’ha scritta uno dei miei cantanti italiani preferiti: Jovanotti.

Per finire, ho un ultimo ricordo legato a Sanremo. Nel 2009 la cantante Arisa ha portato al Festival la canzone “Sinceritá”. Un testo cosí facile che mia figlia lo ha imparato subito a memoria. E ancora oggi, quando io dico “Sanremo”, lei si mette a cantare: “Sinceritá, adesso è tutto cosí semplice……”.

Mahmood e Blanko : https://www.youtube.com/watch?v=MA_5P3u0apQ

Elisa: https://www.youtube.com/watch?v=0vrbQcOiq-k

Gianni Morandi: https://www.youtube.com/watch?v=CCQIGH6dl9U

Arisa:  https://www.youtube.com/watch?v=72m3wu4IN0o

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Camminare

Camminare

Una volta la parola “camminare” era un verbo senza significato per me. Camminare era noioso e non serviva alla mia salute. Così pensavo. Perché devo camminare? Per quale motivo? 

Quando facevo delle camminate con gli amici, non ero felice. Muovere i miei piedi in avanti non mi dava gioia. Ma quando sono arrivata in Austria venti anni fa, qualcosa è cambiato. La mia casa era lontana dal paese. C’erano boschi, colline e campi. Avevo anche un cane e questa era una nuova esperienza per me. Inoltre, avevo TEMPO perché non lavoravo più. All’inizio ho esplorato i dintorni: raccoglievo rami, foglie o pigne per decorare la mia casa. Più tardi ho fatto molte passeggiate sola con il mio cane. Il silenzio, gli alberi, la nebbia, la neve, il sole – tutto questo mi dava pace. I miei occhi scoprivano la natura. Non camminavo ancora tutti i giorni come routine, ma questa attività ora mi piaceva. 

Quando i bambini erano piccoli, non facevo escursioni: preferivo andare a sciare, nuotare, slittare, andare in bicicletta. Solo quando visitavo una nuova città, facevo delle vere camminate. Volevo vedere tutti i monumenti, le chiese e i musei. E i miei piedi erano molti stanchi!

Negli ultimi anni, ho cambiato la mia idea sul “camminare”. I figli sono cresciuti e vivono indipendenti. Ora sono sola a casa con mio marito. Così, abbiamo cercato delle attività diverse, meno faticose e più adatte alla nostra età. Facciamo delle lunghe passeggiate assieme, parliamo di tanti argomenti, osserviamo la bellezza della natura. Talvolta fa caldo, talvolta fa freddo. Camminiamo la mattina presto o la sera tardi. Adesso “camminare” è una parte importante della mia vita.

Non è più noioso, anzi, è impegnativo e appassionante. Quando sono depressa, triste o arrabbiata, faccio una passeggiata di trenta minuti e quando torno a casa mi sento più leggera. La natura assorbe le mie emozioni negative. Ho cominciato un viaggio dentro me stessa. Ora pratico lo yoga, mi curo con medicine alternative, faccio meditazione, leggo libri di filosofia. Vedo le persone come una parte del complesso sistema della natura. Anche camminare è un viaggio.

 

Il libro della mia amica Amelia Marriette “Walking into Alchemy: The Tranformative Power of Nature” mi ha offerto degli spunti per pensare. Trovo dei piccoli tesori nella vita quotidiana; non ho più grandi aspettative dalla vita; cerco il piacere nelle esperienze che vivo. Da lei ho imparato la costanza. Amelia ha fatto la stessa passeggiata ogni settimana per un anno intero. La costanza aiuta a raggiungere un obiettivo. Il mio progetto è di arrivare in cima al castello di Griffen ogni giorno. Mi servono solo sessanta minuti, su e giù.

 

Camminare” dà forza ed energia al mio corpo.  Camminare” rende i pensieri lucidi e chiari nella mia mente. “Camminare” regala pace e serenità al mio spirito.

Ho scritto questo testo in inglese nel Blog di Amelia Marriette, che mi ha gentilmente invitato. Amelia Marriette è una autrice inglese e vive a Bad Sankt Leonhard. Due anni fa ha scritto il libro “Walking into Alchemy: The Tranformative Power of Nature” in inglese e nell’autunno 2021 è uscita l’edizione in lingua tedesca. Per maggiori informazioni ecco il link.

https://www.ameliamarriette.com

https://www.ameliamarriette.com/post/is-walking-boring-written-by-my-guest-blogger-sabrina-balin

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Aria di vacanza

Aria di vacanza

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È aprile. Di solito, in questo periodo, comincio a pensare alle vacanze estive. Per me vacanza è sinonimo di libertà, di spazi aperti, di viaggi. E sono ancora più felice se ci sono spiagge, se c’è il mare e magari anche il sole. Amo il caldo. Le temperature estive risvegliano in me la gioia di vivere.

Quando avevo cinque anni, mio padre e mia madre in estate hanno deciso di fare una vacanza in campeggio per la prima volta. Siamo partiti con la Volkswagen, modello Maggiolino, in quattro persone. Sopra la macchina c’era almeno un metro di bagagli e attrezzatura da campeggio; all’interno dell’auto io e mia sorella eravamo schiacciate da cuscini e sacchi e pelo. La nostra prima meta era un campeggio al lago di Dobbiaco, in Sudtirolo. Mi ricordo i bellissimi boschi e tanti bambini con cui ho giocato. Purtroppo, dopo cinque giorni, siamo scappati. Di sera e di notte, in montagna, faceva freddo e noi non avevamo abbastanza coperte o abiti pesanti per coprirci. Così, una mattina, i miei genitori hanno smontato la tenda, hanno caricato di nuovo la macchina e con un unico lunghissimo viaggio siamo arrivati ad Eraclea Mare. Eravamo stanchissimi, ma finalmente faceva caldo!

In questa prima vacanza in campeggio ho provato una libertà nuova. Mi alzavo la mattina in costume da bagno e ci restavo per tutto il giorno fino all’ora di dormire. Qualche volta indossavo una maglietta e dei pantaloncini corti, niente di più. In campeggio noi bambini potevamo muoverci dappertutto, a piedi e in bicicletta. I nostri genitori non erano preoccupati per noi. Tornavamo in tenda solo per mangiare. Da allora, la mia famiglia ha fatto solo vacanze in campeggio: dopo la tenda abbiamo comprato il carrello-tenda e dopo ancora una roulotte. Ma non siamo piú tornati in montagna, sempre e solo mare.

Questo è ancora oggi il mio modello di vacanza ideale. Ho avuto la fortuna di sposare un uomo che aveva fatto le mie stesse esperienze. Anche la sua famiglia andava in campeggio e lui conosceva quel tipo di indipendenza che amavo io. Per noi due, come coppia, è stato naturale iniziare a fare le vacanze con una piccola tenda canadese e un furgone. Poi sono nati i figli e abbiamo portato anche loro in campeggio con i nonni. E dopo?

Amavamo il mare, specialmente io. E per poter vivere tutto il giorno all’aria aperta direttamente a contatto con l’acqua e le onde, la scelta è stata una sola. Abbiamo comprato una barca! E dopo di quella altre tre. Nuotare, mangiare, giocare, navigare solo con il cielo sopra la testa. E di notte le stelle. Quelle sono state delle vacanze indimenticabili.

 

I figli sono cresciuti e ora siamo di nuovo in due. Quale tipo di vacanza possiamo scegliere ora? Di sicuro non voglio andare in hotel! Ho voglia di viaggiare e vedere molti luoghi dell’Italia che ancora non ho visitato. Inoltre, il Covid ha complicato moltissimo il settore del turismo e della gastronomia.

Quindi, ancora una volta seguendo il mio spirito di libertà, ho acquistato un furgone camperizzato. E ora sono pronta a partire con questo nuovo mezzo e le nostre biciclette elettriche. Mete sconosciute, nuove avventure, mare, montagna, laghi, città…chissà dove arriveremo.

 

E tu, che tipo di vacanza ami? Sei mai stato/a in campeggio?

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Tentazioni di carta

Tentazioni di carta

Succede sempre cosí. Entro in una cartoleria e subito mi prende una sensazione quasi magica. La parola adatta é “fascino”. Sí, sono affascinata dagli oggetti della scuola e dell’ufficio. Potrei passare delle ore dentro ad un negozio dove vendono materiale per insegnanti, maestre, scolari, studenti, manager e segretarie.

Cammino tra i vari reparti osservando ogni penna, ogni matita, le confezioni dei pennarelli o delle matite colorate. Magari ne provo qualcuna, scrivo il mio nome su un blocco notes per verificare la scorrevolezza del tratto.

Il mio reparto preferito è quello dei quaderni. Sono letteralmente innamorata dei quaderni! A quadri, a righe, a puntini. Grandi o piccoli. Con la copertina morbida o rigida. Quaderni a spirale o rilegati. Bianchi o colorati. E li prendo in mano, annuso il profumo della carta nuova. Li accarezzo. Per me i quaderni sono quasi come un oggetto sacro. Non ne capisco il motivo; forse c’è qualcosa che mi lega ai ricordi infantili della scuola e della mia cara maestra Malvina.

I minuti passano dentro la cartoleria e le commesse si chiedono se mai compreró qualcosa. Il mio giro prosegue nel reparto ufficio dove altro materiale attrae la mia attenzione, come il richiamo delle sirene. Forse mi manca un’agenda? O mi serve una cartellina per archiviare delle foto? O mi servono delle buste trasparenti per proteggere documenti importanti? Di sicuro trovo qualche prodotto esposto negli scaffali che mi fa perdere ancora tempo prezioso.

Non esco mai senza aver acquistato una gomma, una matita o un blocco notes. È piú forte di me l’istinto di portarmi a casa un oggetto da usare nel mio lavoro alla scrivania. Come ho detto all’inizio, è come se io fossi stregata.

Amo le vecchie cartolerie. Quelle cartolerie piccole dove trovi quaderni raffinati, diversi dalla produzione di massa; le carte regalo con immagini antiche, eleganti; le rubriche telefoniche in pelle; i blocchi per le ricette di cucina o i lavori di casa; i biglietti per gli auguri speciali.

In Austria non mi sono ancora imbattuta in un negozio di questo tipo. Purtroppo, anche in Italia stanno sparendo, sono sostituite dalle grandi catene, piene di prodotti scadenti a basso costo.

Tempo fa, passeggiando a Gorizia, sono entrata in una cartolibreria. Desideravo acquistare della carta da lettere decorata e delle buste. La commessa ha cercato invano negli angoli nascosti degli scaffali e non ha trovato nulla. Ho capito che i tempi stanno cambiando. La scrittura sulla carta è stata sostituita dalla scrittura sul video.

Ma vi giuro che non ho parole per descrivervi il piacere che provo quando apro un nuovo quaderno alla prima pagina bianca e comincio a scriverci sopra.

Conosci una bella cartoleria nella tua cittá? Mandami i tuoi consigli.

Nella mia città natale di Bassano del Grappa esiste una famosa carteria. Puoi vedere i loro prodotti in questo link:

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La mia musica preferita: Antonello Venditti

La mia musica preferita: Antonello Venditti

Vi succede mai di ascoltare una canzone e tornare indietro nel tempo? A me sì, spesso. La musica ha accompagnato la mia vita. Negli anni Sessanta, mio padre suonava il sassofono in una band. Quando ero bambina, nel nostro salotto, c’erano un giradischi e tanti dischi (LP) di vinile. Mio padre e mia madre amavano ascoltare la musica, soprattutto la musica italiana e la musica rock. Nei tardi anni Settanta, io e mia sorella abbiamo cominciato a usare il giradischi senza l’aiuto di mamma e papà. Passavamo i pomeriggi ad ascoltare e imparare le canzoni dei cantautori italiani. Chi sono i cantautori? I cantautori sono degli artisti che scrivono la musica e il testo delle canzoni e poi le cantano. Di solito, parlano d’amore oppure della società. Possono essere tristi o allegri, ottimisti o pessimisti. Io sono cresciuta con i dischi di Fabrizio De André, Francesco De Gregori, Lucio Battisti, Angelo Branduardi, Lucio Dalla e tanti ancora. Nel 1978 un cantautore molto famoso, Antonello Venditti, ha pubblicato un LP dal titolo “Sotto il segno dei pesci”. Ricordo ancora la copertina con l’immagine dei due pesci blu e arancione. Mio padre ha comprato quel disco e lo mettevamo nel giradischi ogni giorno. Conoscevo ogni testo a memoria e cantavo per mille volte gli stessi versi.

Adesso non possiedo più l’album in vinile. Uso la moderna tecnologia di Spotify per ascoltare la musica. Quando scelgo sulla mia playlist: “Antonello Venditti – Sotto il segno dei pesci” torno indietro nel tempo. Mi sento ancora una bambina di 10 anni, quella bambina che cantava a squarciagola “Sara” o “Bomba o non bomba”, imitando il cantante con un microfono finto.

C’è ancora un momento importante della mia vita, nel quale ho cantato Antonello Venditti. Quando è nata mia figlia. Lei é rimasta per una settimana all’ospedale nel reparto intensivo. Ad ogni visita, io la guardavo e le cantavo:

Sara, svegliati è primavera
Sara, sono le sette e tu devi andare a scuola
Oh, Sara, prendi tutti i libri ed accendi il motorino

E poi attenta, ricordati che aspetti un bambino
Sara, se avessi i soldi ti porterei ogni giorno al mare
Sara, se avessi tempo ti porterei ogni giorno a far l’amore

Oh, ma Sara, mi devo laureare ma forse un giorno ti sposerò
Magari in chiesa, dove tua madre sta aspettando per poter piangere un po‘

Sara, tu va dritta e non ti devi vergognare
(Sara, Sara, Sara, Sara)
Le tue amiche dai retta a me lasciale tutte parlare
(Sara, Sara, Sara, Sara)
Oh, Sara, è stato solo amore, se nel banco no c’entri più

Tu sei bella, anche sei vestiti non ti stanno più…

Hai capito di che cosa parla questa canzone?

 E tu, hai qualche canzone che ti ricorda l’infanzia? Commenta e invia tuoi pensieri nel mio blog!

 

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